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GESTIONE CONSAPEVOLE DELLO SFORZO IN SALITA: SPESA CALORICA E INTENSITÀ, CAMMINATA O CORSA?
autore:  Marco Dalessandro - Master Trainer Alta Formazione Fitness -

Che si tratti di un tapis roulant, di una salita all’aperto o di un percorso misto salita/discesa, ciò che conta è sempre la gestione consapevole dei mezzi a disposizione. 
Andiamo a capirci qualcosa...


Attraverso la camminata in piano non è possibile avvicinarsi all'intensità raggiungibile con la corsa. Infatti, se calcoliamo le calorie consumate in una salita al 10%, percorsa ad una velocità di 6 km/h, troviamo le stesse calorie consumate di una corsa in piano a 10 km/h. 
Paradossalmente il corpo umano è tanto intelligente quanto stupido in tal senso...se ciò che ti interessa maggiormente è il consumo energetico e non vuoi sovraccaricare ginocchia, caviglie e colonna lombare, camminare in salita potrebbe essere un’ottima scelta! 
Se invece pensi di camminare in salita, magari a basse pendenze, con l’obiettivo di bruciare grassi allora sei fuori strada. Prima che si cominci ad “intaccare” i grassi come principale fonte energetica puoi stare in palestra o in montagna per mezza giornata! Anche per distanze di endurance, la richiesta principale rimane sempre deputata agli zuccheri, ciò che cambia ovviamente è la gestione dell’intensità, oltre che al precedente stato di idratazione e alimentazione prima di un lunghissimo o di una gara di endurance. Tutto dipende dal volume e dall’intensità (chilometri e passo a km o per meglio dire freq. cardiaca visto che il dislivello e la disidratazione sono fondamentali). Ad un ritmo situato leggermente sopra la soglia aerobica, se pensiamo ad una maratona per esempio, il glicogeno muscolare depleta mediamente le proprie scorte intorno al 28-30km (massimo), dipende inoltre quanto glicogeno è presente nel fegato (glicogeno epatico), quest’ultimo infatti media le scorte di glicogeno a livello sistemico (e non locale come il glicogeno muscolare) utili al corpo in funzione della richiesta energetica. Il glicogeno ematico circolante non lo considero neanche perché è molto labile in distanze di endurance. I carbo-gel possono aiutare ma hanno un’autonomia di 1 o 2km in piano o di uno strappo in salita di media entità.



Ciò che serve nelle distanze di endurance è adattare l’organismo in allenamento alla cosiddetta “potenza lipidica” ovvero insegnare al proprio corpo a metabolizzare grassi, anche se tutti sappiamo che ovviamente la fonte necessaria rimangono gli zuccheri ed oltremodo i grassi necessitano degli zuccheri a livello biochimico.

La spesa energetica per correre in salita è già del 20% in più se si corre su una pendenza del 5% e può raddoppiare quando la pendenza arriva al 15%; ciò dipende dal fatto che la fase di volo è più breve all’aumentare della pendenza, mentre è più lunga quella di spinta che richiede una maggiore forza.
A causa di questo maggior impegno muscolare, nel gesto atletico intervengono maggiormente le fibre rapide che possono perciò essere allenate proficuamente, dirottandole verso un miglior utilizzo dell’ossigeno. Se oltre al parametro “pendenza” consideriamo la lunghezza dei tratti in salita, esistono salite brevi, medie e lunghe. Ciò che cambia ovviamente, a pari intensità, è la gestione del lattato che tenderà ad aumentare con l’aumento della distanza.


Essere performanti in una corsa in discesa è davvero difficile e chi corre trail tecnici ne sa qualcosa. La velocità di reazione del piede al suolo ma ancor prima della vista nei confronti di un ostacolo come pietre, legnetti e simili è tutt’altro che semplice. Il rinforzo del sistema propriocettivo, del tono muscolare della caviglia e la forza eccentrica dei quadricipiti è fondamentale.
L’impiego di potenziamento con sovraccarichi per gli arti inferiori e per il core può giovare enormemente in queste situazioni.
Correre spesso in discesa porta solitamente ad avere possibili traumi a caviglie e ginocchia, oltre che DOMS protratti nei giorni successivi.